OCCHIOPERMILLE

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Probabilmente pensi che, quando fai la scelta per l’otto per mille, l’otto per mille delle tue tasse vada a chi decidi tu.

Sbagliato!

Lo Stato ogni anno raccoglie l’IRPEF e ne mette l’otto per mille in
un calderone. Sembra una quota piccola, ma in realtà sono molti soldi:
circa un miliardo di euro. Questi
soldi vengono poi ripartiti a seconda delle scelte che sono state
espresse: insomma la tua firma conta come un voto e ha lo stesso valore
di quella degli uomini più ricchi d’Italia, un Berlusconi o un Moratti.

Queste sono state le scelte nella dichiarazione dei redditi del 2000 (ultimi dati pubblicati dal Ministero):

Grafico con firme espresse e non Nessuna scelta 60,40%
Chiesa Cattolica 34,56%
Stato 4,07%
Valdesi 0,50%
Ebrei 0,16%
Luterani 0,12%
Avventisti 0,10%
Assemblee di Dio 0,08%

Che fine fanno i soldi di chi non firma per nessuno?
Anche quelli finiscono nel calderone, e vengono ripartiti a seconda dei
voti di chi ha espresso la scelta. Sempre con la dichiarazione dei
redditi del 2001, i soldi sono stati spartiti così:

Chiesa Cattolica 87,25% Ripartizione secondo le firme espresse
Stato 10,28%
Valdesi 1,27%
Ebrei 0,42%
Luterani 0,31%
Avventisti 0,27%
Assemblee di Dio 0,20%

Negli ultimi anni circa quattro contribuenti su dieci hanno firmato
esplicitamente per l’otto per mille. Visto che la maggior parte di chi
firma (circa l’80% di loro) sceglie la Chiesa Cattolica, questa riceve
ogni anno l’80% della torta, cioè più di 900 milioni di euro. Invece
sei persone su dieci non scelgono niente, e la loro quota viene gestita
dagli altri!

Cos’ha che non va questo meccanismo, all’apparenza così democratico?

  • Quasi nessuno sa come funziona e i mezzi di informazione si guardano bene dal dirlo.
  • Lo Stato non si fa nessuna pubblicità e tra le confessioni religiose solo la Chiesa Cattolica può permettersi grandi campagne.
  • Chi non deve presentare la dichiarazione dei redditi (alcuni lavoratori dipendenti o i pensionati) spesso non sa come scegliere a chi destinare l’otto per mille.
  • L’otto per mille potrebbe essere modificato ogni tre anni (ad esempio portandolo al sei per mille), ma questo non è mai stato neanche preso in considerazione.
  • Il Ministero delle Finanze agisce in modo ben poco trasparente:
    sono anni, ormai, che comunica i risultati solo alle confessioni
    religiose.
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 Ci avviciniamo alla scadenza per la dichiarazione annuale dei redditi e
si ripropone quindi, per ogni contribuente, la scelta sulla
destinazione dell’otto per mille dell’Irpef: a favore dello Stato,
della Chiesa cattolica o delle altre confessioni religiose (Unione
delle Chiese Metodiste e Valdesi, Chiesa Evangelica Luterana in Italia,
Unione Comunità Ebraiche Italiane, Unione Chiese cristiane avventiste
del settimo giorno, Assemblee di Dio in Italia)?

Intanto, è bene
subito sfatare un luogo comune: il contribuente, con la sua firma, non
sceglie a chi destinare una porzione del suo Irpef, ma vota per la
ripartizione del gettito derivante dall’otto per mille dell’Irpef di
tutti i contribuenti. In parole povere, la scelta di un contribuente
con un reddito annuo di 20 mila euro pesa come quella di uno che ha un
reddito dieci o 100 volte maggiore. Valgono, insomma, le persone, non i
loro redditi.

Il meccanismo di distribuzione dell’otto per mille
però contiene un’altra insidia, anch’essa mai pubblicizzata dai media e
dallo stesso Stato, che riguarda il modo in cui vengono considerate le
scelte non espresse dai contribuenti. Attestandosi sul 60% circa del
totale, le ‘non scelte’ possono condizionare fortemente la
distribuzione del gettito e, in effetti, è quello che succede.

La
ripartizione delle scelte non espresse è proporzionale alle preferenze
espresse. Per spiegare meglio il meccanismo, prendiamo come esempio i
dati della dichiarazione dei redditi 2001 (gli ultimi noti). Il 60,4 %
dei contribuenti non ha espresso alcuna preferenza, il 34,56% ha
firmato per la Chiesa cattolica, il 4,07% per lo Stato, lo 0,5% per i
Valdesi e il rimanente 0,46% per le altre confessioni.

A fronte
di queste scelte, la distribuzione del gettito è stata la seguente:
87,25% alla Chiesa Cattolica, 10,28% allo Stato, 1,27% ai Valdesi e il
restante 1,2% alle altre confessioni.

In sostanza, chi non firma
per destinare quota parte dell’Irpef si affida alle scelte degli altri,
generando l’assurdo che la Chiesa cattolica, indicata da circa il 35%
dei contribuenti, riceva più dell’80% dell’intera cifra, il cui valore
annuo è stimabile intorno al miliardo di euro. Un cifra che potrebbe
essere utilizzata per l’istruzione, per finanziare la ricerca, o come
sussidio al lavoro.

E’ interessante, a questo punto, capire il perché lo Stato ha istituito il meccanismo dell’otto per mille.

Dalla
entrata in vigore dei Patti lateranensi (1929) e fino alla revisione
del Concordato ad opera del Governo Craxi (1984), i preti della Chiesa
cattolica ricevevano dallo Stato italiano la cosiddetta ‘congrua’, uno
stipendio mensile come risarcimento per i beni confiscati alla Chiesa
con l’annessione di Roma al Regno d’Italia nel 1870 che segnò la fine
del potere temporale dei papi. Con la revisione del Concordato, la
congrua fu convertita in quota parte del gettito fiscale annuo, l’otto
per mille dell’Irpef per l’appunto, ed elargita dallo Stato alla Cei,
alle varie confessioni religiose che ne facessero richiesta o allo
Stato stesso per scopi sociali o assistenziali.

Ogni tre anni
una commissione potrebbe rivedere la percentuale di gettito Irpef da
destinare, ma finora non è mai stato fatto, nonostante la crescita del
reddito degli italiani abbia sempre più ingrossato il paniere (dai 398
milioni di euro del 1990 siamo passati al miliardo di euro del 2008).
Inoltre, le lungaggini parlamentari per l’approvazione di nuovi
beneficiari fanno sì che la Chiesa cattolica possa continuare ad
usufruire in modo significativo della quota delle scelte non espresse
che, come dicevamo, sono la maggioranza.

Ma il contribuente, prima di firmare, dovrebbe anche sapere come viene impiegato questo denaro.

Lo
Stato. Dichiara di destinare la sua quota di otto per mille a settori
di intervento quali la fame nel mondo, le calamità naturali,
l’assistenza ai rifugiati, la conservazione dei beni culturali. In
realtà non è sempre così, sia perché attinge dall’otto per mille per
voci di bilancio ordinarie, sia perché parte della quota per la
conservazione dei beni culturali viene comunque devoluta alla Chiesa
per il restauro di luoghi di culto. Emblematico è ciò che è successo lo
scorso anno. Dei quasi 44 milioni di euro di gettito spettanti allo
Stato, i 10 milioni destinati ai Beni culturali sono stati devoluti al
restauro di immobili ecclesiastici e analoga fine hanno fatto gran
parte dei 14 milioni destinati agli “interventi per il sisma in
Abruzzo”. Tutte ristrutturazioni che avrebbero dovuto essere finanziate
dal fondo “edilizia di culto” compreso nella quota di 8 per mille
destinata alla Chiesa.

Insomma, scegliere lo Stato significa
spesso scegliere la Chiesa cattolica, anche se la maggior parte dei
contribuenti ne è all’oscuro.

La Chiesa cattolica. Beneficiaria
di oltre l’80% del gettito, è l’unica ad avere i mezzi per una campagna
pubblicitaria battente che punta l’attenzione – prima della scadenza
delle dichiarazioni – sulla solidarietà e gli aiuti al Terzo mondo. In
realtà, la Chiesa spende circa il 20% della cifra in beneficenza, circa
il 35% per gli stipendi del clero e il rimanente 45% è destinato alla
voce non meglio definita ‘esigenze di culto’. Chi crede quindi di fare
una scelta di solidarietà casca, anche qui, male.

L’Unione delle
Chiese metodiste e valdesi. I Valdesi destinano tutto l’ammontare della
loro quota a progetti di natura sociale e assistenziale e forniscono un
resoconto dettagliato dell’impiego dei fondi. Merita menzione la
campagna ‘Facciamo qualcosa di laico’ effettuata con i proventi
dell’otto per mille del 2008 e dedicata allo sradicamento della
discriminazione basata sulla diversità (di razza, di genere). La
rimanente cifra è stata impiegata per finanziare oltre 200 progetti, in
Italia e all’estero. Due di questi, in particolare, sono per la ricerca
sulle cellule staminali.

Il Sinodo ha stabilito che i fondi
ricevuti non siano utilizzati per fini di culto ma unicamente per
progetti di natura assistenziale, sociale e culturale. Ha deliberato
inoltre che una quota corrispondente al 30% dell’importo totale dei
fondi ricevuti dal sistema dell’otto per mille sia devoluta a sostegno
di progetti nei Paesi in via di sviluppo “da realizzarsi in
collaborazione con organismi internazionali sia religiosi che laici”.

Le
altre confessioni. L’Unione delle comunità ebraiche italiane utilizza i
fondi per formazione culturale, tutela delle minoranze e attività
sociali; l’Unione Chiese cristiane avventiste del settimo giorno per
interventi sociali, umanitari e culturali sia in Italia che all’estero;
la Chiesa Evangelica Luterana in Italia alle spese di evangelizzazione,
agli stipendi dei ministri di culto, ad opere sociali, alle missioni, a
iniziative culturali e spese di amministrazione; le Assemblee di Dio in
Italia utilizzano l’otto per mille esclusivamente per progetti
culturali e di solidarietà, in Italia e all’estero.

Cosa può
fare il cittadino. Innanzitutto una scelta oculata e informata,
cercando così di ridurre al minimo l’ammontare delle scelte non
espresse che condizionano tutto il meccanismo. Ognuno dei destinatari
dell’otto per mille pubblica su internet le sue ‘intenzioni’, anche se
molto spesso poco chiare e, soprattutto, non documentate. In secondo
luogo, pretendere che vengano pubblicati in dettaglio i resoconti di
impiego della cifra spettante. In terzo luogo, cercare di partecipare
attivamente alle numerose inziative che – ad oggi senza alcun seguito –
hanno cercato negli anni di abbattere un meccanismo discriminatorio che
vede come beneficiario principale un solo soggetto, o almeno di far
pressione per inserire nell’elenco delle destinazioni possibili voci di
spesa fondamentali che lo Stato assottiglia sempre più. Una fra tutte,
la ricerca scientifica, vessata da anni di tagli e riduzioni. Come se
la salute e il progresso scientifico meritassero molta meno attenzione
economica di quella elargita a piene mani dallo Stato ai luoghi di
culto, per altro di una sola religione.

Cecilia M. Calamani – Cronache Laiche